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mercoledì 17 giugno 2020

Tappa 7 :: Campaniletti - Massa - Via Vandelli escursionistica

la Via Vandelli con il Viandante :: Tappa 7 :: Campaniletti - Massa (e Finis Terrae)


La settima e conclusiva tappa della Via Vandelli parte dai Campaniletti, con la sveglia al rifugio Nello Conti, oltre i 1400m slm. Oggi scenderemo lungo i geniali e folli tornanti che Domenico Vandelli ha disegnato sul fianco della Apuane, per poi seguire il corso dei torrenti e risalire per sentieri il fianco delle ultime alture prima di raggiungere la meta: piazza Aranci a Massa. E se vogliamo un finale epico, ci aspetta Finis Terrae, con i piedi nel mar Tirreno, per un indimenticabile tramonto.
Dal rifugio Nello Conti che si trova dove fin dal settecento c'era l'antico Cason de' Campaniletti a servizio della strada, attraversiamo le suggestive guglie di roccia e marmo e arriviamo alla Finestra Vandelli, la piazzola di sosta aperta con le mine per le carrozze dal Vandelli stesso. Da qui sarà tutta inebriante discesa fino a Resceto.

la Via Vandelli inizia la discesa tra le Alpi Apuane
La discesa sarà ripida ma agevole, lungo la strada che ci appare quasi nella sua completa originalità settecentesca, con gli imponenti muri a secco costruiti sul fianco delle montagne grazie alla manodopera lombarda fatta venire appositamente dal Vandelli, sopra cui corre la Via Vandelli.
Il paesaggio è maestoso: siamo contornati da un paesaggio alpino, aspro e affscinante. Ad ogni passo scendiamo di metri e metri e la visone cambia di continuo, con nuovi scorci e il mare che appare e scompare. Dopo non molto iniziamo a vedere rocce rosse scure che sono i minerali di ferro ossidati e ancora più giù, all'estremo di uno strettissimo tornante, vediamo chiaramente sul fianco della montagna opposta una caverna che in realtà è una miniera di ferro in disuso.
Lungo la discesa ci sono alcune piazzole di atterraggio elicotteri, realizzate dove il Vandelli aveva spianato il terreno per costruire locali di servizio alla strada.
Uno dei punti più caratteristici è la località Le Teste, ben riconoscibile grazie a una lapide affissa a una roccia, che ci ricorda il luogo dove venivano giustiziati i briganti che infestavano la Via Vandelli e poco più sotto, cercando attentamente, in alto sulla parete rocciosa è stata installata una teca con la riproduzione dei teschi, delle teste.
Ogni tanto, voltiamoci a guardare indietro e in su, per capire la strada che stiamo percorrendo, quanto si inerpica e che impresa leggendaria sia stata costruirla quasi tre secoli fa.

la meravigliosa serpentina di tornati della Via Vandelli tra le Apuane
In basso già vediamo i tetti di Resceto. Arrivati al Serrettin, con un ponte di ferro attraversiamo il canal Pianone e raggiungiamo una casetta sulla destra che preannuncia l'ultimo tratto di discesa su strada lastricata, prima del paese. Prima della fine troviamo scolpire sulla roccia delle orme di persone: sono il ricordo delle donne che risalivano la Via Vandelli a piedi con un carico di sale per raggiungere l'Emilia e scabiarlo con farina e cereali.
Ci aspetta un ultimo tratto di bosco, poi il parcheggio delle auto e scendiamo con una piccola scala nella piazzetta davanti alla chiesa: siamo a Resceto, alla fine di una dei tratti più epici della Via Vandelli e della storia delle strade.
Teniamo la sinistra, scendendo verso il cimitero e mantenendoci sul tracciato originale della Via Vandelli.
Poco dopo aver raggiunto la strada asfaltata, facendo attenzione, possiamo imboccare una deviazione sulla destra, in una interruzzione del guardrail e scavalcando un po' di rovi camminare su un altro tratto originale di Via Vandelli, che è ancora esattamente come quello che abbiamo percorso tra le Apuane, ma segreto e per pochi ardimentosi. Questo tratto finisce dove troviamo la lapide in arenaria dedicata a Domenico Vandelli e alle popolazioni appenniniche e apuane che divisero le fatiche per la costruzione della strada.

la stele che ricorda Domenico Vandelli e le fatiche per realizzare la Via Vandelli
Camminiamo sulla strada della Bassa Tambura, a fianco del canale del Resceto che quando raggiungiamo il paese di Gronda si immette nel torrente Renara: lo spettacolo offerto dall'acqua che scava le rocce e crea piscine naturali è affascinante. Infatti da qui fino a Guadine che raggiungiamo dopo circa un chilometro e oltre, durante l'estate, possiamo vedere i bagnanti che si rinfrescano nelle acque che sgorgano grazie al carsismo delle Alpi Apuane.

il torrente Renara a fianco della Via Vandelli
Al bivio per Forno, lasciamo il percorso settecentesco della Via Vandelli per evitare gli ultimi chilometri più trafficati della Bassa Tambura e prendiamo il sentiero del Bizzarro: il nome non delude e ci porta rapidamente in quota per raggiungere il paese di Casette, che attraversiamo percorrendo i passaggi interni di cemento che evitano la strada.
Attraversiamo la galleria sotto il paese di Caglieglia e per strada asfaltata raggiungiamo il depuratore della città di Massa con le grandi vasche di decantazione per liberare le acque dalla polvere di marmo riversata dalle cave nelle falde. Sulla destra sentiamo il rombo delle sorgenti, carsiche, del Cataro.
Dopo Al Santo, torniamo sentiero, immerso nel bosco e nella macchia mediterranea: ci attendono diversi chilometri su sterrato, in cui seguiamo dall'alto il percorso originale della Via Vandelli che corre a fianco del Frigido. Ma abbiamo l'opportunità di vedere dall'alto avvicinarsi la città, il castello dei Malaspina e il mare.
Sbuchiamo nuovamente su asfalto su un tornante appena sopra castagnetola: sono gli ultimissimi chilometri che attraverso la periferia urbanizzta in cui ogni casa ha un giardino di agrumi, arriviamo al ponte di ferro sul Frigido, ai piedi del borgo del ponte, ed entriamo in città da porta Genova, usata dai viandanti che andavano verso la Francia.
Ora è tutta dritta via Palestro, ma ci fermiamo a bere alla fontana scolpita, a rimirare le case nobiliari, a scrutare Pasquino e Pasquina che sorvegliano il pomerio ducale, passiamo sotto l'arco del redentore, uno sguardo al Battì che regge la sua botticella da cui sgorga acqua, ancora una svolta e da sotto i portici, al culmine della scalinata, ci appare il duomo della città. Pochissimi passi davvero per percorrere via Dante Alighieri tra i bar e i caffè e infine ci appare in tutta la sua bellezza agrumata piazza Aranci, coronata di alberi e scenograficamente chiusa dal palazzo ducale rosso dei Cybo-Malaspina, con al centro l'obelisco sorvegliato dai leoni: siamo arrivati!

il palazzo Cybo-Malaspina al termine della Via Vandelli
La stazione dei treni dista ancora qualche chilometro, per chi deve tornare, Ma per chi vuole, con altri cinque sei chilometri pianeggianti, che consigliamo di fare un po' in via Roma per ammirare le ville liberty e poi spostarsi sul parco fluviale del fiume frigido, possiamo raggiungere il monumento delle vele, il mare, Finis Terrae: i piedi nella sabbia, lo sguardo a stupirsi delle Apuane che abbiamo appena disceso, i piedi nell'acqua, lo sguardo verso il Tirreno occidente il tramonto e tutto ciò che ci aspetta: evViVa la Via Vandelli!

giovedì 28 maggio 2020

Tappa 6 :: Poggio - Campaniletti - Via Vandelli escursionistica

la Via Vandelli con il Viandante :: Tappa 6 :: Poggio - Campaniletti

La sesta tappa della Via Vandelli parte da Poggio, dove il torrente Edron sfocia nel Serchio. Oggi seguiremo sempre il percorso originale settecentesco della Via Vandelli, a parte brevissimi tratti, salendo fino al punto più spettacolare di tutto il cammino: il passo della Tambura, che ci regalerà uno spettacolo indimenticabile, dopo un'altrettanto memorabile faticosa salita.
Iniziamo il cammino uscendo dal paese e imboccando immediatamente una piccola strada che è correttamente indicata come Via Vandelli e che dopo qualche casetta si trasforma in un'agevole carreggiata. Il percorso continua immergendosi nel bosco, seguendo e risalendo da vicino il corso del torrente Edron.

la Via Vandelli si immerge nel bosco a fianco del torrente Edron
In questo bosco incontreremo le rovine di antiche case abbandonate e forse anche qualche animale selvatico. Sopra di noi, a sinistra, sentiamo il traffico passare sulla nuova strada provinciale, mentre teniamo il torrente alla nostra destra, fino a un piccolo ponticello di legno che lo attraversa. La Via Vandelli originariamente non cambiava lato del torrente, ma oggi la boscaglia rende molto difficoltoso seguire la traccia settecentesca. Oltre il ponte ci aspetta un meraviglioso prato verde e poi sulla sinistra una piccola strada asfaltata che ci porta oltre una graande fabbrica di lavorazione del marmo, passata la quale, ritorniamo dalla parte giusta del torrente.
Incontriamo sul nostro cammino un antico ponte di pietra, e facciamo una brevissima deviazione per vedere l'antico mulino di Puglianella sull'Edron per poi tornare sui nostri passi. Ancora qualche minuto di cammino e raggiungiamo la Ferriera: uno dei luoghi magici del cammino della Via Vandelli. Si tratta di una grande e bellissima villa padronale, coeva alla Via Vandelli, visto che la data sull'architrave della porta è 1754. Attorno a questa casa si sviluppava un borgo di contadini e lavoranti, di cui si scorgono ancora i ruderi sommersi dalla vegetazione. Un vero peccato è lo stato di abbandono del borgo e della villa e sporattutto della piccola chiesa che sta cadendo a pezzi nel cortile della villa.

la villa del borgo della Ferriera, tra la Via Vandelli e il torrente Edron
Attraversiamo rapidamente la strada provinciale per rimanere sulla Via Vandelli, che ora è la piccola strada asfaltata che sale verso Vergaia. Proseguiamo in salita fino al punto in cui la Via Vandelli scendeva nella valle e dove oggi c'è la diga della centrale idroelettrica dell'Enel che chiude il corso dell'Edron per formare il lago artificiale di Vagli. La Via Vandelli scendeva fino al paese di Fabbriche di Careggine e che oggi è completamente sommerso sotto la superficie del lago. Possiamo comunque attraversare a piedi la diga, con un passaggio veramente suggestivo, con le apuane che si riflettono sulla superficie del lago e raggiungere la nuova strada provinciale.

il paese sommerso di Fabbriche di Careggine, con il ponte della Via Vandelli
(foto di Francesco Ruffini - 1994)
Per aggirare il lago di Vagli, oggi purtroopo non c'è nessun'alternativa alla strada asfaltata che lo costeggia, dove passano anche i camion carichi di marmo. Il comune e il parco, per un breve periodo, hanno pubblicizzato un sentiero sulla sponda opposta, quella orientale, ma al momento non ce n'è nessuna conferma. Dobbiamo quindi camminare per alcuni chilometri sulla strada, stando attenti al traffico, ma anche osservando sulla nostra sinistra l'apparire del promontorio su cui sorge il paese di Vagli Sotto, il ponte sospeso, il ponte Morandi di cemento oggi pedonale, il parco delle statue, le Apuane che si riflettono sulla superficie del lago e se il livello dell'acqua è basso, potremmo vedere anche l'antica Via Vandelli emergere dalle acque.
Raggiungiamo la località Fontana delle Monache, dove sorgeva un convento, al bivio tra Vagli Sotto e Sopra. Qui possiamo trovare acqua e cibo, presso alcuni locali riaperti in seguito alla spinta turistica del parco attorno al lago. Noi proseguiamo dritti in direzione Vagli Sopra.
Il percorso della Via Vandelli oggi è completamente asfaltato, per questo preferiamo dopo un po' sulla sinistra, per tagliare i tornanti e seguire un bel sentiero attraverso il bosco, abbastanza ripido, che ci porta direttamente alla chiesa di Vagli Sopra. In centro al paese ci sono alcune fontane dove è indispensabile fare abbondante rifornimento di acqua, visto che ci aspettano i chilometri più duri di tutto il cammino della Via Vandelli e non troveremo più nessuna fonte fino al passo Tambura (se ci va bene) o adirittura fino al rifugio Nello Conti.
Usciamo dal paese e iniziamo a immergerci nella selvaggia valle d'Arnetola seguendo la via delle cave. La strada è stata asfaltata per permettere il passaggio dei camion del marmo, ma ciononostante riconosciamo ben presto gli antichi casoni in pietra a servizio dei viandanti della Via Vandelli e che oggi sono quasi tutti abbandonati e in rovina. Appena prima del ravaneto della cava Pallerina, sulla destra ammiriamo la Capanna d'Abrì, uno dei pochi stabili in questo tratto di Via Vandelli che è stato ristrutturato, adeguatamente preservato e non ancora inghiottito dall'area delle cave.

la Capanna d'Abrì, un riparo per i viandanti lungo la Via Vandelli all'imbocco della valle d'Arnetola
La strada ora è ghiaiata, ma ancora molto ampia e affianca le cave attive, di cui sentiamo anche i boati delle esplosioni, se passiamo in orario lavorativo. Facciamo un tratto nel bosco, prima del bivio per Arni e il monte Sella: questo percorso sulla sinistra è una possibile alternativa per chi si sposta in mtb, in quanto i chilometri finali della salita di oggi e quelli iniziali della discesa dal passo della Tambura sono da percorrere con la bicicletta a mano e diventano per questo difficili e da affrontare con molta cautela (mentre a piedi non ci aspetta nessuna difficoltà, a parte la fatica). Ci lasciamo alle spalle l'ultima enorme cava e finalmente camminiamo sulla Via Vandelli originale, ancora lastricata in pietra, con evidentissimi i monumentali muri di sostegno.

i meravigliosi muri di sostegno settecenteschi su cui passa la Via Vandelli per risalire le Apuane
La strada è ripida, ma il panorama è mozzafiato, con le vette delle Alpi Apuane che ci sovrastano, i faggi, le roverelle, i carpini che ci abbracciano, la strada che ci accompagna. Il bosco man mano si dirada e infine, dopo alcuni tornanti dalle pendenze molto ardite, usciamo tra i prati delle pendici più alte, tra il monte Tambura, la Focoletta e l'Alto di Sella, con lo sguardo che spazia dalla Roccandagia alle cime del monte Sella.
Poco prima di valicare, sulla sinistra, ci sono i ruderi dell'ultimo casone voluto da Domenico Vandelli su questo versante: il Casone del Ferro. Qui, facendo alcuni passi in basso nel prato, possiamo trovare un tubo che butta un po' d'acqua, se siamo fortunati. Manca poco e dopo l'ultima rampa, arriviamo ai 1620m del passo Tambura, di cui riconosciamo la spaccatura triangolare fatta nel '700 dal Vandelli per agevolare il passaggio delle carrozze. Da qui abbiamo la vista più emozionante e spettacolare di tutto il cammino, sulle Alpi Apuane, Massa, il mar Tirreno, i promontori della Liguria e le isole.

la vista verso il Tirreno, sulla Via Vandelli, dal passo della Tambura
Ci rimane qualche chilometro di discesa, in cui iniziamo a godere dell'opera architettonicamente meravigliosa e coraggiosa di Domenico Vandelli che ha dovuto far passare la sua strada dove nessuno mai aveva osato e (speriamo) oserà più.
Arriviamo alla Finestra Vandelli, una terrazza, anche questa costruita da Domenico Vandelli con alcune esplosioni, per permettere la sosta delle carrozze prima dell'ultima erta per chi doveva valicare il passo. Inoltre la Finestra è anche il portale d'accesso verso i Campaniletti, dove nel '700 c'era il Cason de' Campaniletti per la sosta e il ristoro dei viandanti e a protezione contro i briganti, e oggi c'è il rifugio Nello Conti del CAI di Massa.
La cena, la sera e la notte sulla terrazza del rifugio, vista mare, sotto il cielo buio e stellato, con la vista sul mare e le luci di Massa che ci aspetta, saranno uno dei ricordi ppiù indimenticabili del cammino della Via Vandelli e anche di tutta la vita: godiamocelo!

il video de "la Via Vandelli con il Viandante"


sabato 16 maggio 2020

Tappa 5 :: San Pellegrino in Alpe - Poggio - Via Vandelli escursionistica

la Via Vandelli con il Viandante :: Tappa 5 :: San Pellegrino in Alpe - Poggio

La quinta tappa della Via Vandelli ci dà la sveglia a San Pellegrino in Alpe, partiamo dall'antichissimo ospitale dei pellegrini che qui attraversavano il crinale tosco-emiliano. Attraversata la galleria lastricata tra la chiesa e il museo, ci affacciamo sullo sperone di roccia con in fondo la croce di faggio ogni anno portata da Frassinoro e ammiriamo di fronte a noi le maestose Alpi Apuane: le valicheremo durante la sesta tappa.
Iniziamo a scendere per un ripido sentiero ancora più antico della Via Vandelli, già immerso tra i muretti a secco e il bosco. Infatti in questo tratto, i tornati selciati della Via Vandelli sono stati asfaltati, una quarantina di anni fa, e sono la strada provinciale 71.

da San Pellegrino, la vista sulle Alpi Apuane: la Via Vandelli ce le farà valicare nella sesta tappa
Usciti di nuovo sulla strada provinciale, arriviamo alla Cà della Palma e dopo solo un chilometro e mezzo dalla partenza siamo già scesi di centoventi metri di altitudine. Quando arriveremo a Campori, ai piedi della discesa avremo percorso dieci chilometri e mezzo e saremo scesi di millecento metri, il ché vuol dire che stiamo affrontando una lunga discesa con una pendenza media di circa il 10,5%.
Alla Cà della Palma, per chi vuole seguire un percorso alternativo rispetto alla Via Vandelli settecentesca che faremo noi oggi per tutta la prima metà della tappa, c'è la possibilità qui di svoltare decisamente a destra e di percorrere un tratto della Via Matildica del Volto Santo, attraversando Valbona e Castiglione e di ricongiungersi alla Via Vandelli a Pieve Fosciana.
Noi proseguiamo sulla Via Vandelli originale, rimanendo in questo tratto sulla provinciale. La Cà della Palma è una delle numerose osterie e locande che incontreremo in questa tappa e che nel settecento e ottocento erano al servizio dei viandanti della Via Vandelli per il ristoro, il riposo e per l'alloggio e foraggio dei cavalli. Poco dopo infatti incontriamo il Tendajo, che aveva un'analoga funzione. Dopo un altro paio di chilometri arriviamo all'abitato della Boccaia, in cui troviamo una piccola chiesa e tra le case oggi private si nasconde l'ingresso dell'antica osteria, in cui ho avuto nel 2017 il privilegio di entrare, come ho raccontato nel mio libro "La Via Vandelli - Antica strada, nuovo cammino". Stiamo camminando quasi sul crinale che scende ripidamente da San Pellegrino in Garfagnana, sulla sinistra abbiamo la vista sulla valle e passiamo poco sotto le cime del colle di Zari, di Pedro e della Verruchiella. Al colle di Pedro, imbocchiamo sulla destra un tratto della Via Vandelli che è ancora sentiero e che ci regalerà una splendida vista sulle Alpi Apuane. Dopo il monte Verruchiella e prima di Chiozza, invece, prendiamo a sinistra, per immergerci di nuovo nella Via Vandelli originale che passa da Bettola, dove fino al 2018 rimaneva in piedi l'osteria settecentesca che dava il nome al paese e che dall'autunno 2019 è completamente scomparsa.

l'osteria della Bettola in tre diversi momenti storici
(foto anni '80 dal libro "La Via Vandelli - secondo volume" Artioli Editore)
La strada continua a scendere rapidamente, e noi camminiamo sul percorso originale della Via Vandelli, che oggi è un affascinante alternarsi di tratti di sentiero carreggiate, brevi tratti selciati e parti asfaltate della strada provinciale. Attraversiamo Pellizzana e Pellizzanetta, fino a una deviazione sulla destra dove affrontiamo l'ultima discesa tra i campi e il bosco per arrivare alla fine dellanostra discesa di oltre mille metri, nel centro di Campori, nella piazzetta davanti alla chiesa, dove sicuramente fin dal settecento si radunavano i viandanti, i mercanti, i pellegrini con le loro masserizie e merci alla fine della dura discesa o prima della durissima (Hors Catégorie) salita verso l'ospitale.

la piazzetta del centro di Campori, attraversato dalla Via Vandelli
Dopo  Campori, un brevissimo tratto di strada asfaltata, dove un tempo correva il confine tra i territori estense e la repubblica di Lucca, ci porta nel centro di Pieve Fosciana, che è un paese davvero affascinante, il cui centro merita di girare un po', perdendosi tra le case di pietra, gli antichi palazzi, le chiese e gli alti muri. Qui possiamo anche rifornirci di acqua e cibo.
Il percorso abbandona per un momento il tracciato originale che oggi è sotto le strade asfaltate, seguendo un percorso CAI che collega Pieve con Castelnuovo, cosìabbiamo anche l'opportunità con una deviaziane di meno di un centinaio di metri di vedere il famosissimo lago Prà di Lama alimentato da sorgenti termali sia di superficie che sotterranee.
Arriviamo nella periferia di Castelnuovo di Garfagnana, dal quartiere di Santa Lucia, attraversando il fiume Serchio sul ponte trecentesco di Castruccio Castracani ed entrando entro le mura del paese medievale.

l'ingresso della Via Vandelli a Castelnuovo dal ponte sul Serchio
A Castelnuovo abbiamo l'opportunità di visitare il duomo, il paese e la rocca ariostesca, dove il poeta Ludovico Ariosto risiedeva nel millecinquecento come governatore estense della Garfagnana. Approfittiamo anche per fare il pieno di acqua e cibo, perché nella seconda parte della tappa lasceremo il percorso originale (che oggi corrisponde con la strada regionale 445) per salire sulle prime colline che sovrastano il Serchio e ci inoltreremo nel bosco.
Saliamo al forte di Mont'Alfonso, imponente fortezza difensiva estense a presidio del ducato, percorrendo il bel sentiero dell'Ariosto e poi passeggiando sotto le alte mura girando sulla destra del forte fino a raggiungere la parte opposta dove proseguiremo sempre su sentiero.

il sentiero dell'Ariosto sotto le mura del forte di Mont'Alfonso
Con un semplice e piacevole sentiero nel bosco lungo qualche chilometro, raggiungiamo il borgo di Antisciana, dopodiché continuiamo per un po' sull'asfalto ma ben presto prendiamo un sentiero sulla sinistra che ci immerge di nuovo nella natura e continuiamo in salita, con l'opportunità di vedere un bel laghetto e quando usciamo dal bosco siamo già in vista del prossimo paese, che è Sillicano dove possiamo sostare davanti all'oratorio della Madonna della Visitazione, dove c'è una bella fontanta e in vista dell'antica villa Benedetta che ospitò il duca estense Francesco IV.
Dopo un breve tratto asfaltato in uscita dal paese, riprendiamo a camminare sul sentiero nel bosco in vista sia delle Alpi Apuane sulla sinistra che del crinale appenninico sulla destra. Ci rimane un passaggio a bordo di un campo per arrivare alla splendida e suggestiva pieve di San Biagio: un vero gioiello!

la pieve di San Biagio, appena prima dell'arrivo della quinta tappa della Via Vandelli a Poggio
Camminiamo lungo una piccola strada in discesa che ha una bellissima vista sulla destra sul crinale tosco-emiliano e sul ponte ferroviario della Villetta, che è un vero e proprio monumento simbolo della Garfagnana. Arriviamo agevolmente alla fine della quinta tappa della Via Vandelli, in centro nel paese di Poggio, di nuovo sul percorso settecentesco della Via Vandelli, dove dormiremo all'ombra delle maestose e sfidanti Alpi Apuane che valicheremo domani con l'ultima, sublime ed eroica salita della Via Vandelli che sfiderà una delle catene montuose più belle e famose al mondo.


il video de "la Via Vandelli con il Viandante"

venerdì 21 dicembre 2018

traiettorie impercettibili

«cambiano le prospettive al mondo, voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometrie esistenziali»

come si fa a sapere se si è sulla Via?
la Via segue una traiettoria precisa e labile: precisa come il progetto di Domenico Vandelli che l'ha disegnata nel 1739, striscia lastricata che balza dalla pianura al crinale, dalle valli ai passi scoscesi; labile come i ricordi a cui i viandanti si aggrappano per far riemergere il percorso della Via tra le foglie e l'erba del tempo e delle leggende che l'ammantano.
il percorso della Via Vandelli da Modena a Massa
nell'autunno-inverno 2016-2017 ho intrapreso una lunga ricerca documentale, tra archivi e biblioteche, accompagnata da sopralluoghi in tutto il territorio attraversato dalla Via. per ricostruire esattamente il tracciato progettato dal Vandelli. e dopo essere riuscito nell'impresa, ne ho affrontata un'altra: a giugno del 2017 ho percorso in otto giorni i 150km della Via Vandelli, a piedi dal palazzo ducale di Modena al palazzo ducale di Massa.
Giulio sulla Via Vandelli mentre attraversa il passo Tambura
ma nel corso di un anno, la precisione della ricostruzione e della prima camminata si è mescolata alla labilità del percorso ripercorso da altri viandanti. e il tutto grazie a dei piccoli adesivi, briciole di pollicino che ho lasciato dietro di me, segnando la Via per la prima volta, tracce di un passaggio indelebile, indicazioni di come non perdersi. o di come perdersi.
il logo ufficiale della Via Vandelli :: Modena-Massa
e così, in rete hanno iniziato a comparire foto di altri viandanti che nel camminare la Via Vandelli hanno fotografato, oltre alla Via al panorama alle persone alle case alle pietre agli alberi al cielo alle speranze alla nuova vita, hanno fotografato anche i miei adesivi, vecchi di un anno, che stanno ancora a indicare la Via: la Via è una.
una caccia al tesoro lunga 150km, che parte dal frontespizio del libro "La Via Vandelli - Antica strada, nuovo cammino" e accompagna il viandante dalla pianura emiliana, attraverso il Frignano e la Garfagnana, scavalcando le Alpi Apuane fino al mar Tirreno.

cercate gli adesivi, camminate la Via, illuminate la vostra vita.

foto di Roberto

foto di Andrea e Matteo
foto di Donatella e Marco
foto di Sabrina
foto di Luigi
foto di Francesca
foto di Marco
foto di Lorenzo
foto di Roberto

sabato 17 giugno 2017

Tappa otto

La mattina inizia nell'alto del rifugio Nello Conti, con le chiacchiere a colazione dei due gestori, che parlano di cave di marmo. Ed è sufficiente guardarsi intorno per capire che l'argomento è terribile: le montagne stanno scomparendo, letteralmente.
Poco rinfrancato da ciò che gli uomini possono fare guidati dal denaro, riprendo la discesa dalla Finestra Vandelli.
Lì sotto inizia il più intricato e meraviglioso groviglio di tornanti e rampe che si possa immaginare: massicciate, selciature, curve, impennate per domare il fianco scosceso della montagna: un capolavoro di genio e follia! E anche una delle viste che attendevo da più tempo, almeno da trentanni, quando ne avevo visto le foto quasi in bianco&nero sui libri dell'Artioli. La discesa è deliziosamente a precipizio tra l'aria tersa della mattina e ogni volta che mi volto indietro a guardare sembra incredibile che quella linea di sassi che si inerpica verso il cielo sia una strada.
Arrivo, anche stavolta finalmente, a Resceto dove si respira l'aria di un piccolissimo paese valligiano. Un signore mi parla di guerra e le parole sfumano mentre cerco una discesa con cui la Vandelli se ne esce dal paese. Quel tratto e un altro tratto che poco oltre evita svariati tornanti, sono tratti originali che mi regalano belle emozioni di aver compiuto una ricerca profonda sulla Vandelli. I paesi si susseguono lungo il Frigido: Gronda, Guadine, Canevara. E il frigido diventa sempre più luogo di villeggiatura con frotte di bagnanti nelle sue acque limpide.
Per il resto la Vandelli è ora la trafficata strada della Bassa Tambura. Mi regalo ancora un tratto originalissimo per passare il Frigido da destra a sinistra su un piccolo ponte e poi lo splendore del quartiere Santa Lucia di Massa: bellissimo e sorto attorno a una larga curva della Vandelli che entra in città.
Ancora qualche incrocio trafficato e poi come per magia sorge la mai vista eppure familiarissima Piazza Aranci col rosso palazzo ducale.
Sono arrivato, da Modena a Massa, viandante a piedi, passo dopo passo, percorrendo fuori tempo massimo la Via Vandelli!

Tappa sette B

Dopo la pioggia la mattina sembra luminosa e promettente. La salita comincia già vista tra le case del paese proprio dove la Via Vandelli prende il nome di via Cave. Mentre mi avvicino si sentono i rumori dei macchinari che rodono la montagna alla mattina. Aver ritardato di un giorno mi permette di vedere questo tratto ben illuminato e azzurro. Di nuovo procedo tra i casoni e il bosco, mentre la Via un po' si fa sentiero e un po' strada. Raggiungo tra curve, bosco e sassi l'ultima cava e da lì in avanti è solo fianco della montagna che punta al passo vicino e lontano.
Al valico è una visione attesa damesi: il triangolo spaccato in mezzo alle montagne che segna l'inizio della discesa da l'una e dall'altra parte. Oltre è una cortina di nube bianca che nasconde tutto. Scendo nel nulla ovattato verso la Finestra Vandelli: un'amena piazzola di sosta fatta di soffice erba tra le aspre guglie dei campaniletti. Poi c'è il rifugio, il ristoro, la notte, le stelle e le luci della città davanti al mare.

mercoledì 14 giugno 2017

Tappa cinque

Lascio Marcello e Cristina di buonora e inizio una lunga traversata solitaria: per un giorno non incontrerò nessun paese, solo case sparse. Per chilometri e chilometri ci saranno solo i rumori del bosco o dei campi, il cielo e la Via. Da Centocroci la strada è bellissima e dolce, anche quando sale, l'aria fresca e il Cimone osserva tutto bonario. Poco dopo le capanne celtiche, un uomo in panda mi insegue pere parlarmi che ha letto di me: il primo che incontro che non critichi o mi voglia spiegare che ho sbagliato tutto. Continuo con leggerezza fino alla Fabbrica, osteria costruita di servizio alla strada nel '700, con la sua splendida fontana altrettanto antica. La Via riparte in un bosco ancora più bello, e le essenze arboree cambiano col passare dei chilometri, fino alla massa soverchiante del Sasso Tignoso. Da lì ricomincia un po' di civiltà, con costruzioni e attraversamenti di strade asfaltate. Ancora non so che mi attende la Selva Romanesca... o meglio lo so, ma ciò che non so è che è al pari bella per alberi caleidoscopici e Via Vandelli con selciatura originale, quanto terribile per le pendenze e i tornanti proibitivi oltre che infestata di zanzare. Fortuna che manca poco, al valico, al crinale, alla Toscana e al santuario di San Bianco e San Pellegrino che spero allontanino per un poco questo tormento demoniaco. Ma in cambio offrono la vista della Apuane al tramonto, belle e terribili...

domenica 28 maggio 2017

giocare bere il vino sputtanarsi

«Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione, chi perché stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore...»

manmano che ho fatto i miei sopralluoghi sulla Via Vandelli ha iniziato a prodursi una singolare coincidenza di immagini sovrapposte.
nella mia rètina erano impresse le foto che ho lungamente guardato e studiato con passione sui libri anni '80 dell'Artioli, che ho in casa da quando mio nonno li ha portati a casa freschi di stampa. immagini vecchie solo di trentanni, ma che per trentanni si sono sedimentate: fotografie con i crinali innevati, con i paesi sommersi, con gli oratori isolati, con le torri innalzate, con le tortuose curve delle Apuane, con i selciati antichi stesi fino al mare.
e mentre cammino, sopralluogo dopo sopralluogo, rivedo gli stessi luoghi, trentanni dopo. il primo che ho riconosciuto è stata la scoscesa salita vista dall'imbocco del Malandrone, che dal Rio Torto risale verso Pavullo. e lì ho riconosciuto la frana che tutto dilava, ma in trentanni ho visto che la collina si è rimboschita, perché il tempo passa e perché le colline e montagne vengono abbandonate dalle coltivazioni.
poi ho visto e riconosciuto il filare di querce che accompagna la strada selciata a Cà Usercia, che adesso si chiama Cà Bosi. Da nessuna parte si vedono resti dei pozzi petroliferi di Cà Ghinelli, eppure ancora presenti e così fascinosamente immortalati alla fine degli anni '80.
ho cercato le maestà, le case, i borghi, gli scorci che erano le mie uniche tracce in Garfagnana per ritrovare il percorso originale della Via Vandelli. e alcuni li ho ritrovati, altri li ho immaginati.

La Via Vandelli presso il Rio Torto
La Via Vandelli presso Cà Bosi











le emergenze che però mi hanno colpito di più sono state le trasformazioni delle osterie, delle locande e delle stazioni di posta.
tralascerò l'osteria del Cantone di Mugnano, appena fuori Modena, accennando solo al fatto che in trentanni si è trasformata da ristorante ancora attivo a casa murata con le finestre chiuse da assi di legno inchiodate. l'autostrada del sole ha schiacciato il Cantone in una presa mortale.
dirò di tre osterie, o stazioni di posta invece. perché queste infrastrutture sono una delle caratteristiche che rendono unica ed esemplare la Via Vandelli: Domenico Vandelli non ha progettato solo una strada per il Duca Francesco III d'Este, ma ha progettato una vera e propria infrastruttura, un asse attrezzato, dotato di tutti i servizi necessari al viaggiatore: osterie per il vitto, locande per l'alloggio, poste per il rifornimento e il cambio cavalli. e tutto questo per la prima volta, dopo secoli in cui l'umanità si era limitata a tracciare sentieri e percorsi da pastori o pellegrini: potenza dell'illuminista intelletto umano!
dirò di Fabbrica, la locanda sopra Pievepelago che lo stesso Francesco III loda «per essere grande, ben disposta, e meglio eseguita». Nelle foto degli anni '80 appare distrutta, un rudere, muri al limite del crollo. Eppure al suo interno nascondeva la stanza del duca, camini con gli stemmi estensi e altre meraviglie. meraviglia trovarla invece trentanni dopo perfettamente ristrutturata, ospitare abitazioni e probabilmente un punto ristoro: come duecentocionquantaepiù anni fa!

la Fabbrica di Pievepelago, locanda sulla Via Vandelli

appena disceso il confine tra l'Emilia e la Toscana, invece, siede sulla costa di monte di fronte a Chiozza, l'osteria della Bettola. la foto contenuta nei libri dell'Artioli degli anni '80 è una delle più romantiche: con un'anziana signora appoggiata alla tipica porta su due piani da osteria, che ancora protegge l'antico retaggio d'accoglienza, antico duecentoepiù anni. quando ci sono passato all'inizio di questa primavera, mentre passoapasso ricalcavo il percorso antico della Via Vandelli nello scendere da San Pellegrino in Alpe, a stento l'ho riconosciuta. o meglio, l'ho riconosciuta subito, ma lo stato mi ha provocato un sussulto: macerie e alberi cresciuti dentro le stanze ora a cielo aperto, ma inequivocabilmente l'insegna della bettola ancora ammiccante e inequivocabile. della vecchia, nessuna traccia, solo io.

l'antica osteria della Bettola sulla Via Vandelli

e infine dirò della capanna d'abrì, che accoglie i viaggiatori all'imbocco della valle d'Arnetola, lasciatosi alle spalle il paese di Vagli sopra, quando il cuore si spaura davanti alle bianche e impervie creste Apuane. anche l'antico nostro progettista dev'essersi spaurito e ha costellato la salita verso la Tambura di ripari per il viaggiatore. ecco, la capanna d'abrì, l'antico casone d'Arnetola, sta lì, duecentocinquantaepiù anni fa, come trenta anni fa, come oggi: grigio, sotto un masso ugualmente grigio, con una porta piccola che altro non è che l'imbocco verso il nero ventre che cova ancora per qualche minuto od ora il viaggiatore che si senta sovrastato. ora come allora.

il casone d'Arnetola, capanna d'abrì, sulla Via Vandelli
in questo giro di osterie, locande e poste, distrutte, rinate o ancora salde, sotto la pelle fredda della pietra e dei secoli, appoggiando una mano agli infissi di legno, appoggiando la schiena ai muri antichi, appoggiando la fronte alle vite degli uomini ancora si può sentire il suono dei bicchieri che brindano tra viaggiatori sconosciuti, il crepitare del fuoco che scalda dal rigido inverno, i brividi di chi dorme febbricitante per la fatica o il freddo, la speranza di chi viaggia e si muove e muta e trasforma il mondo.


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mercoledì 8 marzo 2017

mastica e sputa

«mastica e sputa da una parte il miele mastica e sputa dall'altra la cera mastica e sputa prima che faccia neve»

ho visto la cava ho visto il bianco ho visto i cartelli di divieto e le reti rosse ho visto la montagna sgretolarsi in candore.
poi mi sono confuso, insieme alla viabilità di cava, ai sentieri cai, alla Via Vandelli schiacciata sotto un peso immane. e ho camminato su un percorso non originale, sbandato e deviato da altre esigenze umane, dal profitto e dalla convenienza. ma appena ho messo la testa fuori dal bosco ho capito di aver sbagliato: e che la Via passava più in là.
La cava del monte Pallerina. Si vede passare la Via Vandelli ai piedi della cava.
Durante l'autunno ho esplorato un brevissimo tratto della valle d'Arnetola (troppo poco tempo, colpa di un cuoco di Vagli Sopra che per un'ora ha affettato salumi a mano per quello che doveva essere un veloce spuntino). Ma questo breve assaggio è bastato per capire da una parte la fatica del Domenico Vandelli nel disegnare un percorso in una valle così aspra e dall'altra che le attività estrattive avevano irremediabilmente cambiato la viabilità nella valle e sommerso di rottami di marmo il percorso originale della Via Vandelli. Tanto che anche il cai ha dovuto dare indicazioni fuorvianti su quale sia il percorso della Via Vandelli. Tanto che ho capito che era dovuto nuovamente un lavoro di recupero del tracciato originale, nuovamente sommerso: pochi chilometri prima sotto l'acqua, ora sotto cascate immobili di rocce bianche e preziose fatte a brandelli.
La cava del monte Pallerina, dal 1954 al 2013.
La Via Vandelli percorre il lato sinistro dell'immagine, oggi sommersa dal ravaneto.
So poco delle Alpi Apuane. Ne so la meraviglia che suscitano al solo nome, alpi e non appennini; so delle ricerche di scuola, che insegnano a enumerare catene montuose risorse naturali confini e capoluoghi; so di profili vaghi lontani, cercati nelle passeggiate che svalicano oltre il sentiero 00, evocati dai più vecchi con sguardi lanciati verso il mare; so di stragi, raccontate, con fare didascalico e sempre un po' troppo moralista. Ma ricordo nettamente la prima e unica volta che mi ci sono inoltrato, nell'estate del 2007, quando in bicicletta io e Moreno abbiamo percorso i due versanti degli appennini alla ricerca degli ultimi Festival dell'Unità: correvamo a pedali sul lungomare di Marina di Massa, con le Alpi Apuane a levante, e una volta arrivati a Carrara ci siamo infilati sulle orme degli anarchici lungo le venature del carbonato di calcio fino a Fantiscritti per scendere con le ruote pesanti e gli ingranaggi bianchi scolpiti ed affondare nell'altrettanto bianco lardo.
La capanna d'abrì che era l'antico casone della valle d'Arnetola a servizio della Via Vandelli

Così non so se questo dilavare delle Alpi Apuane in frammenti usati per gioco e per arte ma soprattutto per soldi sia una sciuagura o solo un'unghiata dell'uomo sulla pelle della madre terra che si rimarginerà...
...ma so il mio pregustare tutto il nuovo che mi arriverà calpestando il friabile percorso della Via Vandelli che si adagia silenziosa, sgorgata dalle pianure modenesi, pronta all'ultimo balzo sulle pareti apuane: come sangue di polvere e roccia, rappreso nel sudore e nei ricordi di genti povere e libere.

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