mercoledì 14 giugno 2017

Tappa cinque

Lascio Marcello e Cristina di buonora e inizio una lunga traversata solitaria: per un giorno non incontrerò nessun paese, solo case sparse. Per chilometri e chilometri ci saranno solo i rumori del bosco o dei campi, il cielo e la Via. Da Centocroci la strada è bellissima e dolce, anche quando sale, l'aria fresca e il Cimone osserva tutto bonario. Poco dopo le capanne celtiche, un uomo in panda mi insegue pere parlarmi che ha letto di me: il primo che incontro che non critichi o mi voglia spiegare che ho sbagliato tutto. Continuo con leggerezza fino alla Fabbrica, osteria costruita di servizio alla strada nel '700, con la sua splendida fontana altrettanto antica. La Via riparte in un bosco ancora più bello, e le essenze arboree cambiano col passare dei chilometri, fino alla massa soverchiante del Sasso Tignoso. Da lì ricomincia un po' di civiltà, con costruzioni e attraversamenti di strade asfaltate. Ancora non so che mi attende la Selva Romanesca... o meglio lo so, ma ciò che non so è che è al pari bella per alberi caleidoscopici e Via Vandelli con selciatura originale, quanto terribile per le pendenze e i tornanti proibitivi oltre che infestata di zanzare. Fortuna che manca poco, al valico, al crinale, alla Toscana e al santuario di San Bianco e San Pellegrino che spero allontanino per un poco questo tormento demoniaco. Ma in cambio offrono la vista della Apuane al tramonto, belle e terribili...

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