Dopo la pioggia la mattina sembra luminosa e promettente. La salita comincia già vista tra le case del paese proprio dove la Via Vandelli prende il nome di via Cave. Mentre mi avvicino si sentono i rumori dei macchinari che rodono la montagna alla mattina. Aver ritardato di un giorno mi permette di vedere questo tratto ben illuminato e azzurro. Di nuovo procedo tra i casoni e il bosco, mentre la Via un po' si fa sentiero e un po' strada. Raggiungo tra curve, bosco e sassi l'ultima cava e da lì in avanti è solo fianco della montagna che punta al passo vicino e lontano.
Al valico è una visione attesa damesi: il triangolo spaccato in mezzo alle montagne che segna l'inizio della discesa da l'una e dall'altra parte. Oltre è una cortina di nube bianca che nasconde tutto. Scendo nel nulla ovattato verso la Finestra Vandelli: un'amena piazzola di sosta fatta di soffice erba tra le aspre guglie dei campaniletti. Poi c'è il rifugio, il ristoro, la notte, le stelle e le luci della città davanti al mare.
La Via Vandelli è la strada leggendaria del Ducato Estense, la prima strada dell'illuminismo, progettata e costruita attraverso l'Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Apuane, dalla pianura modenese al mare Tirreno. Con mesi di ricerche negli archivi Estensi, ho ricostruito il percorso originale del 1739. Poi ho inforcato il mio bastone di nocciolo e calcato il cappello a larghe tese in testa, e in otto tappe ho ripercorso i 150 km di asfalto terra ghiaia roccia erba che sono oggi la Via Vandelli.
sabato 17 giugno 2017
Tappa sette B
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