Il saluto a Poggio lo do con la Pieve di San Biagio, visitandone l'interno grazie alle chiavi che mi dà Dante. Spiritualizzato, scendo la Via Vandelli che ben presto cambia da stradina a carreggiata a sentiero che segue il torrente Edron. Tra i ruderi di tante case sulla Via, mi sorprendono la fuga rumorosa sia di un cinghiale che di un capriolo. Poi viene il tratto in cui seguo dappresso il torrente: non c'è traccia e la Via è stata completamente fagocitato dal tempo: rimane solo il corso d'acqua come riferimento.
Poi seguono il mulino di Puglianella e la Ferriera come maestosi esempi dell'industriosità lungo la Vandelli, di cui fa parte anche Fabbriche di Careggine, ora sommerso sotto le acque del lago di Vagli. Ma il panorama è spettacolare, con le acque verdissime del lago e le grandi Apuane a contorno. Pranzo all'altra estremità del lago, poi inizia la salita a Vagli di Sopra e poi mi infilo nella valle di Arnetola, tra le cave e i casini, locande e osterie costruite per agevolare la risalita. Ma non la agevolano a me, ormai in disuso, quando mi sorprende la pioggia a metà strada, mi inzuppo e mi tocca rimandare di un giorno.
La Via Vandelli è la strada leggendaria del Ducato Estense, la prima strada dell'illuminismo, progettata e costruita attraverso l'Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Apuane, dalla pianura modenese al mare Tirreno. Con mesi di ricerche negli archivi Estensi, ho ricostruito il percorso originale del 1739. Poi ho inforcato il mio bastone di nocciolo e calcato il cappello a larghe tese in testa, e in otto tappe ho ripercorso i 150 km di asfalto terra ghiaia roccia erba che sono oggi la Via Vandelli.
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