venerdì 14 luglio 2017

sentì che era un punto

«O sogni o visioni qualcosa la prese e si mise a pensare, sentì che era un punto al limite di un continente, sentì che era un niente»

Via di qui e fino all'altrove. sono più di centocinquanta chilometri che separano l'afosa pianura, la capitale dello stato estense, dalla capitale sul mare, al di là degli Appennini e delle Alpi Apuane.
Da Modena a Massa. attraverso i secoli, quasi tre, attraverso l'oblio di un percorso che è tanto leggenda quanto illusione. Da qui a là c'era un lastricato largo braccia abbastanza per far transitare le carrozze, lastricato da cima a fondo per rendere il viaggio sicuro e confortevole, costellato di osterie e poste per il ristoro e il riposo, percorso da duchi, commercianti, contadini e briganti. Oggi c'è asfalto, terra, sassi, pietra, prati, fango, foglie, fiori, ruscelli, carreggiate, sentieri, frane, catrame sgretolato, guard rails, muri a secco, argilla, pietre marmo e persino acqua. Le città e i paesi attraversati dalla Via Vandelli sono oggi più grandi, popolosi e funestati da scialbe periferie, altri paesi allora non esistevano e sono nati grazie alla Via, alcuni hanno prosperato, altri sono scomparsi. Le osterie sono crollate in ruderi, nuovi edifici produttivi sono nati e poi divenuti fatiscenti, alcune stazioni di posta o rifugi sono stati ristrutturati. Le montagne stanno ancora lì, a guardia della Via, con le loro masse da aggirare o i loro crinali da seguire. Tranne quelle che vengono ridotte in polvere dagli escavatori di marmo. I fiumi regolano l'andare della Via, tenendola lontana per evitare alluvioni o troppo rapide risalite, altri la accologono accompagnandone il placido risalire le valli. Gli alberi nei secolo continuano a disegnare arazzi con le ombre dei loro rami sul ciotolato della Via o ad rinfrancare il viandante col frinire delle loro foglie: loro nei secoli o i loro figli o nipoti.
Una linea conduce il passo attraverso i territori, le case, gli uomini, gli animali e le visioni. La storia abbonda ad ogni sosta, le storie grondano per ogni episodico incontro o sogno fatto lungo la Via.




C'è tutto, sedimentato nei miei scarponi e nel nerbo del mio bastone intrecciato, impresso nelle tese del mio cappello, intessuto sulla pelle. Dall'inizio alla fine, da Modena a Massa, sulla Via Vandelli.

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sabato 17 giugno 2017

Tappa otto

La mattina inizia nell'alto del rifugio Nello Conti, con le chiacchiere a colazione dei due gestori, che parlano di cave di marmo. Ed è sufficiente guardarsi intorno per capire che l'argomento è terribile: le montagne stanno scomparendo, letteralmente.
Poco rinfrancato da ciò che gli uomini possono fare guidati dal denaro, riprendo la discesa dalla Finestra Vandelli.
Lì sotto inizia il più intricato e meraviglioso groviglio di tornanti e rampe che si possa immaginare: massicciate, selciature, curve, impennate per domare il fianco scosceso della montagna: un capolavoro di genio e follia! E anche una delle viste che attendevo da più tempo, almeno da trentanni, quando ne avevo visto le foto quasi in bianco&nero sui libri dell'Artioli. La discesa è deliziosamente a precipizio tra l'aria tersa della mattina e ogni volta che mi volto indietro a guardare sembra incredibile che quella linea di sassi che si inerpica verso il cielo sia una strada.
Arrivo, anche stavolta finalmente, a Resceto dove si respira l'aria di un piccolissimo paese valligiano. Un signore mi parla di guerra e le parole sfumano mentre cerco una discesa con cui la Vandelli se ne esce dal paese. Quel tratto e un altro tratto che poco oltre evita svariati tornanti, sono tratti originali che mi regalano belle emozioni di aver compiuto una ricerca profonda sulla Vandelli. I paesi si susseguono lungo il Frigido: Gronda, Guadine, Canevara. E il frigido diventa sempre più luogo di villeggiatura con frotte di bagnanti nelle sue acque limpide.
Per il resto la Vandelli è ora la trafficata strada della Bassa Tambura. Mi regalo ancora un tratto originalissimo per passare il Frigido da destra a sinistra su un piccolo ponte e poi lo splendore del quartiere Santa Lucia di Massa: bellissimo e sorto attorno a una larga curva della Vandelli che entra in città.
Ancora qualche incrocio trafficato e poi come per magia sorge la mai vista eppure familiarissima Piazza Aranci col rosso palazzo ducale.
Sono arrivato, da Modena a Massa, viandante a piedi, passo dopo passo, percorrendo fuori tempo massimo la Via Vandelli!

Tappa sette B

Dopo la pioggia la mattina sembra luminosa e promettente. La salita comincia già vista tra le case del paese proprio dove la Via Vandelli prende il nome di via Cave. Mentre mi avvicino si sentono i rumori dei macchinari che rodono la montagna alla mattina. Aver ritardato di un giorno mi permette di vedere questo tratto ben illuminato e azzurro. Di nuovo procedo tra i casoni e il bosco, mentre la Via un po' si fa sentiero e un po' strada. Raggiungo tra curve, bosco e sassi l'ultima cava e da lì in avanti è solo fianco della montagna che punta al passo vicino e lontano.
Al valico è una visione attesa damesi: il triangolo spaccato in mezzo alle montagne che segna l'inizio della discesa da l'una e dall'altra parte. Oltre è una cortina di nube bianca che nasconde tutto. Scendo nel nulla ovattato verso la Finestra Vandelli: un'amena piazzola di sosta fatta di soffice erba tra le aspre guglie dei campaniletti. Poi c'è il rifugio, il ristoro, la notte, le stelle e le luci della città davanti al mare.

venerdì 16 giugno 2017

Tappa sette A

Il saluto a Poggio lo do con la Pieve di San Biagio, visitandone l'interno grazie alle chiavi che mi dà Dante. Spiritualizzato, scendo la Via Vandelli che ben presto cambia da stradina a carreggiata a sentiero che segue il torrente Edron. Tra i ruderi di tante case sulla Via, mi sorprendono la fuga rumorosa sia di un cinghiale che di un capriolo. Poi viene il tratto in cui seguo dappresso il torrente: non c'è traccia e la Via è stata completamente fagocitato dal tempo: rimane solo il corso d'acqua come riferimento.
Poi seguono il mulino di Puglianella e la Ferriera come maestosi esempi dell'industriosità lungo la Vandelli, di cui fa parte anche Fabbriche di Careggine, ora sommerso sotto le acque del lago di Vagli. Ma il panorama è spettacolare, con le acque verdissime del lago e le grandi Apuane a contorno. Pranzo all'altra estremità del lago, poi inizia la salita a Vagli di Sopra e poi mi infilo nella valle di Arnetola, tra le cave e i casini, locande e osterie costruite per agevolare la risalita. Ma non la agevolano a me, ormai in disuso, quando mi sorprende la pioggia a metà strada, mi inzuppo e mi tocca rimandare di un giorno.

mercoledì 14 giugno 2017

Tappa sei

La colazione a San Pellegrino è su una terrazza vista Apuane. La discesa però è da intraprendere presto , che è inarrestabile. Si scende tra i casini, osterie costruite a servizio della Via Vandelli: Cà della Palma, il Tendaio, la Boccaia... E alla Boccaia la sorpresa di una signora che mi fa entrare proprio nella bottega della nascita vino: un gioiello di miriadi di bottiglie accatastate sulle mensole e bancone in legno. Mentre esco il gesto della signora che chiude la porta è identico a quello che è fotografato nei libri dell'Artioli alla Bettola. Perché nel frattempo l'osteria della Bettola è crollata e allora questa coincidenza diventa magica.
La discesa continua perfetta tra tratti originali e strada moderna, tornanti e falsi piani.
Arrivato a Campori non posso che pensare alle carovane di viandanti radunate qui prima della o alla fine della dura salita o discesa. Campori, Pieve Fosciana sono centri incantevoli ma troppo deturpato da periferie figlie del benessere.
Castelnuovo invece pare un gioiello settecentesco, racchiuso di pietra tra le mura, preannunciato da un suggestivo ponte, pieno di turisti che come me si ristorano dall'ardita meridiana e garfagnina con un gelato.
Poi però comincia la strada regionale, che per fortuna evito per un tratto con un'accurata studiata branca laterale originale Vandelli. Perché poi è un lungo toboga di asfalto senza banchina che pare quasi illegale. Sopravvivo a stento saltando da una parte all'altra della strada per denunciarmi alla pietà dei guidatori. Eppure è pieno di paesi dalle case di pietra, Filicaia e Termini, è maestà ognidove e segni così inequivocabili che si stringe il cuore a vedere la Vandelli resa incamminabile.
Arriva Poggio, è il paese mi fa allargare di nuovo il cuore coi vicoli stretti, la pietra, la Chiesa e l'isolata ieratica Pieve di San Biagio. Appena prima dei miei pari per la notte, niuiorchese e lituana con tre figlie una nipote e due cani, è il tutto si riassume nella parola namastè. Ma anche loro, durante la cena condivisa, mentre le ragazze arrostiscono toffolette, mi chiedono curiosi di questa mia strada di casa che arriva fino qui...

Tappa cinque

Lascio Marcello e Cristina di buonora e inizio una lunga traversata solitaria: per un giorno non incontrerò nessun paese, solo case sparse. Per chilometri e chilometri ci saranno solo i rumori del bosco o dei campi, il cielo e la Via. Da Centocroci la strada è bellissima e dolce, anche quando sale, l'aria fresca e il Cimone osserva tutto bonario. Poco dopo le capanne celtiche, un uomo in panda mi insegue pere parlarmi che ha letto di me: il primo che incontro che non critichi o mi voglia spiegare che ho sbagliato tutto. Continuo con leggerezza fino alla Fabbrica, osteria costruita di servizio alla strada nel '700, con la sua splendida fontana altrettanto antica. La Via riparte in un bosco ancora più bello, e le essenze arboree cambiano col passare dei chilometri, fino alla massa soverchiante del Sasso Tignoso. Da lì ricomincia un po' di civiltà, con costruzioni e attraversamenti di strade asfaltate. Ancora non so che mi attende la Selva Romanesca... o meglio lo so, ma ciò che non so è che è al pari bella per alberi caleidoscopici e Via Vandelli con selciatura originale, quanto terribile per le pendenze e i tornanti proibitivi oltre che infestata di zanzare. Fortuna che manca poco, al valico, al crinale, alla Toscana e al santuario di San Bianco e San Pellegrino che spero allontanino per un poco questo tormento demoniaco. Ma in cambio offrono la vista della Apuane al tramonto, belle e terribili...

martedì 13 giugno 2017

Tappa quattro


Stamattina la colazione sa di famiglia. Ma bisogna rimettersi in strada, che ci sono gli ultimi chilometri di traffico, fino a Lama Mocogno, tranquilla di marciapiedi e agitata di personaggi che mi bloccano per spiegarmi loro dove passa la Via. Compro i panini e riparto finalmente verso Mezzolato, paese misconosciuto e franato, in cui chiacchiere con l'arcigno proprietario della panchina su cui sono seduto: ma c'è una casa dagli scuri dipinti e tutto sorride.
Riparto, finalmente in crinale tra i prati e le rotoballe di fieno, fino a Borra dove inizia la ricerca del percorso giusto, tra folli risalite nel fitto dei rovi, lunghi tratti tra i pini, una pennichella avvolto dall'atavico silenzio della Fignola e vivi a ripetizione che mi portano a La Santona, che altro non è che un paese da far west con una fontana dall'acqua limpidissima.
E via di nuovo, alle Lezze, che commuovono per quella soffiatura e quei muretti di sasso così perfetti: la salita si fa più dura ma pare quasi piacevole, mentre il Cimone cambia lentamente prospettiva, da davanti a di fianco e nuvole bianche ne sfumano i contorni.
All'Inferno di Barigazzo ci sono fiamme e lo spirito gassoso di Plinio ad attendermi; insieme a millemila mosche che saranno il nugolo che mi accompagnerà fino al tramonto. Affetto il passo tra le grige rocce che si sfaldano sottilissime e le pozze che abbeverano gli animali del bosco.
Fino alle Cento croci, dove all'ombra aspetto Marcello e la sera carbonara e la notte di stelle.

domenica 11 giugno 2017

Tappa tre

Oggi parto da San Dalmazio, è raggiungo in fretta la discesa del Malandrone verso il Rio Torto: sto bene e le orde di ciclisti mi dispongono. La discesa al Rio Torto è di quelle che spiegano la Vandelli: si tratta di un campo appena falciato perché qui la strada è completamente sparita. E infatti per renderle onore si aggrega mio fratello. Per poi risalire lungo un tratturo di argilla tra le frane, a seguire dolci crinali fatti di strade comunali. E mentre camminiamo ci interroghiamo sul grande viadotto della strada statale, che non permette alla gente di subire e capire la terra.
Si arriva nel punto in cui tre Via Vandelli convergono: quella da Modena, quella da Sassuolo e quella per Massa: non può che essere un crocicchio magico.
Ma da lì in avanti la Vandelli è sommersa dalla Giardini e soffoca sotto il peso del traffico arrogante e pretenzioso della domenica. Mi salvano le soste perfette: una al lago della Chiozzola tra le grigliate, una  Pavullo da una barista accogliente e petulante, una all'oratorio di Pratolino nel mezzo di una lite famigliare. Per il resto sono macchine che tagliano le curve e moto in pista, ma io gli pianto il mio bastone contro a scacciarle demoni quali sono. Ma c'è anche la mole del castello di Montecuccolo che guardia dall'alto, il centro petroso e combattivo di Montecenere, i prati di farfalle colorati e spighe dorate al tramonto. Prima del caro approdo da Grazia e Riccardo e la loro profusione di tigelle.
Ma soprattutto c'è: "Fermati pellegrino, cosa fai? Stai calpestando il suolo sacro della Vandelli, tu lo sai?"

sabato 10 giugno 2017

Tappa due

La decisione dev'essere rapida ed è quella di comprare scarponi nuovi: ritarderà la partenza ma mette al sicuro il resto del viaggio.
Parto da Montale ed è ancora Nuova Estense, voi camion e le auto e la velocità e la noncuranza per ciò che sta fuori dall'abitacolo. Ma io mi diverto a zompettare e fotografare ogni cartello Via Vandelli che vedo.
Così arrivo a Pozza senza patemi, dove finalmente l'Estense lascia in pace la Vandelli e dove Marcello mi offre un aperitivo e poi mi accompagna a piedi con le sue figlie fino a Gorzano.
A Corsano c'è il ponte sul Tiepido, che sembra poco e invece è tanto importante, almeno per me.
Costeggiata dai campi la Via arriva a Torre Maina, dove lascia la pianura per arrampicarsi su i colli, sul Poggio Gaiano e poi fino a Puianello: fortuna che ci sono i marusticani maturi a salvarmi la vita dal caldo tra i calanchi, prima che me la salvi Moreno, che dalla sua bicicletta mi dice di stare all'ombra e allora io all'ombra ci sto due ore.
Ma quando riparto il caldo è inevitabile è la salita pure. Non molla mai fino alla discesa verso Riccò dove mi fermo pure a prendere un caffè.
Che forse ormai l'ora si fa più fresca o la distanza più breve ma arrivo svelto fino a San Dalmazio dove mi aspetta immerso nell'emporio del paese il mio fantastico oste Alberto ma per tutti Lilli.
E già fuori i campi indorano, nell'orizzonte della valle dello Scoltenna a preparare crescentine e poi notte e poi di nuovo Via.

Tappa uno

Il viaggio è cominciato. Si esce dalla città come da un bozzolo di affascinante antichità ma prima di raggiungere la campagna dorata ci sono da attraversare le maglie della periferia, fatta di condomini e piccole case di pietra. Poi l'anello tagliente della tangenziale, e ancora un piccolo paese, prima che la Via Vandelli diventi fino alla fine di questa tappa la trafficatissima Nuova Estense, compreso il tramonto sul cavalcavia dell'autostrada. Poi è il mio paese natale di Montale, che mi abbraccia poco dopo che mi si è rotto uno scarpone: fedeli compagni di 25 anni... Spero che la notte porti consiglio su come risolvere il problema. E poi sarà di nuovo Via.

venerdì 9 giugno 2017

strada di campagna

«La vita è vecchia qui, più vecchia degli alberi più giovane delle montagne che cresce come una brezza. Strada di campagna, portami a casa nel posto a cui appartengo»

oggi parto. quindi inizio.
e vorrei concludere questi mesi di racconti e sogni su questo blog con la meno artistica e la più importante delle foto: la foto della Via Vandelli davanti alla casa in cui sono nato. E questo spiega il tutto, in parte.

la Via Vandelli, oggi, davanti alla mia casa natale
Prima di questo ho solo il racconto dei miei genitori che in un'estate di circa quarantanni fa in sella a una vespa vanno per uno stradello di campagna, l'allora Via Vandelli, a vedere il pezzo di terra su cui costruiranno casa: e io ero lì con loro, con mia madre, incinta di me. Dopodiché è tutto scorso lì: le finestre della mia camera da sempre aperte sulla Via Vandelli, col sottofondo di rombo di traffico che cresce anno dopo anno; mia nonna che mi acompagna in bicicletta all'asilo sfidando le auto; i primi giri con i miei genitori in bicicletta d'estate verso il paese con le mille raccomandazioni a prestare attenzione a quella strada trafficata; lo sfrecciare con la bici nuova regalo della promozione all'esame di quinta elementare sul cordolo sdruccilevoele; le passeggiate lungo l'erba del fosso per andare a prendere la corriera che mi portava al liceo; l'anno in cui il fosso che accompagnava per tutta lunghezza la Via Vandelli di casa è stato tombato e sopra costruita una ciclabile; gli inverni nevosi e ghiacciati che trasformavano la Via Vandelli in un nastro bianco e scivolosissimo e allora la strada diventava per una notte deserta ed era tutto silenzio e visione dalle montagne alla città; l'emozione ogni volta di riconoscere quella svolta.
E poi c'è molto di più, lontano da casa: c'è la colonia estiva a Santandrea Pelago, i libri dell'Artioli portati a casa dal nonno, il viaggio in moto con mio padre al lago di Vagli, le fidanzate, le notti a Barigazzo a imparare a stampare, Pantani sulle rampe del San Pellegrino, la leggenda di una strada che tutti nominavano e che anche da posti lontani e così diversi se percorsa nella sua interezza mi avrebbe portato a casa. Perché per tutti i miei amici quel tratto di strada è la Vandelli, per altri è la Nuova Estense, per altri è la statale dodici, per altri ancora è la continuazione della tangenziale di Modena e infine per tanti è un anonimo brandello di asfalto. E invece per me è stata, è e sempre sarà: la Via di casa.

dopo la passeggiata che tra pochissime ore inizio, lo sarà ancora di più.

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giovedì 8 giugno 2017

non vi conviene

«non vi conviene venir con me dovunque vada, ma c'è amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada»

credo che dopo di me nessuno più percorerà la Via Vandelli.
perché non è una buona strada. soprattutto non è un buon cammino. è la Via, la prima, è lo sguardo che l'uomo alza primigenio sulla natura per attraversarla senza subirla, è uno sforzo geopolitico che sa ancora di forzatura, è esproprio, è dominatore che tassa, è genio che si scontra con l'ignoto, è tutto. e in questo tutto c'è troppo perché i miei passi possano essere ripercorsi.
e così i miei passi torneranno a essere sommersi e il percorso originale dimenticato, spostato, strattonato, miticizzato, denigrato, sognato, raccontato, preteso.
perché nessun camminatore accetterà di camminare sul cordolo di una statale gremita di camion lanciati a folle velocità a sfiorare il brecciolino, nessuno ammetterà più il fascino delle curve carezzanti il crinale sì ma asfaltate da generazioni di villeggianti, nessuno capirà quanto spingersi contro la rete di una proprietà privata e cambiare all'ultimo istante direzione per ottenere la migliore approssimazione sì ma rinunciando così a tragitti più ameni, nessuno si intestardirà nel cercare muso a terra il bivio giusto nei boschi troppo densi di sentieri, nessuno capirà la libertà di scendere per un prato o una frana senza riferimenti solo perchè lì proprio lì passava la Via, nessuno affiancherà fiumi su una regionale come tante o su un sentiero mezzo guado col rischio di annoiarsi o bagnarsi o strapparsi i pantaloni tra i rovi, nessuno taglierà tornante dopo tornante la provinciale scendendo dal passo per essere sicuro di essere sulle orme del Duca, nessuno cercherà più il ponte giusto tra i due per attraversare il fiume o la porta per entrare in città quella e non quell'altra o il punto in cui tirar dritto invece che cedere alle tentazioni dei cartelli cai.
dopo di me nessuno sceglierà la cattiva strada invece che quella buona, quella bella, quella senza traffico, quella panoramica, quella che passa dall'antico borgo, quella col lastricato storico, quella più sicura, quella ristrutturata, quella in cui si leva un po' di fatica, quella che si può fare con dei bimbi: farete quella e non la Via Vandelli.
dopo di me sarà solo una dolce e piacevole approsimazione, che blandisce l'escursionismo sano e giusto ed etico. ma rinuncerete all'atto illuministico e sentimentale di ripercorrere la Via.
farete bene. ma io avrò fatto l'unica cosa possibile per quanto improbabile.

la Via Vandelli: illuminismo, illuminazione e illusione

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martedì 6 giugno 2017

si potrebbe cantare

«Ogni tanto si ferma a annusare la vita, la vita. Quattro cani per strada e la strada è già piazza e la sera è già notte. Se ci fosse la luna, se ci fosse la luna si potrebbe cantare. Si potrebbe cantare.»

nonostante la Via sia una unica e irripetibile, ci sono tanti modi per frazionarla nel suo percorrerla.
sul sito della Via, ho presentato un frazionamento estremo nella sezione dedicata al percorso, in cui i quasi 150 sono divisi in 14 tracce di circa 10km l'una, e in aggiunta ci sono anche le due tappe per la bretella Sassuolo-Cà Bosi, divisa in Sassuolo-Varana e Varana-Cà Bosi. Con questo tipo di divisione, ci si può provare ad associare e ricombinare le tappe a proprio piacimento. Sia in una direzione, Modena-Massa, che nell'altra, Massa-Modena.

il panorama della Via Vandelli sulle prime colline modenesi
Così la Via Vandelli diventa una strada alla portata di tutti, ognuno con la propria lunghezza. A partire dal procaccio a cavallo che durante la seconda metà del settecento portava i dispacci tra Modena e Massa percorrendo il tragitto di andata e ritorno in una sola settimana: 300km in sette giorni, compresi i giorni spesi nelle capitali a sbrigar commissioni e le notti nelle locande e i cambi di cavalli nelle stazioni di posta appositamente progettate da Domenico Vandelli lungo la Via.

la discesa della Via Vandelli dal crinale verso la Garfagnana

Oppure una suddivisione per gli esperti del trekking che amano camminare percorrendo lunghi tragitti, attraversando in un sol giorno grandi porsioni di terra. E allora ci sta una scansione da una trentina di chilometri al giorno, che porta la percorrenza a ridursi a cinque: 1. Modena 2. San Dalmazio 3. Lama Mocogno 4. San Pellegrino in Alpe 5. Vagli Sopra fino a Massa.

tra ill Serchio e l'Edron, si adagia la Via Vandelli
E infine rimane l'opzione di chi percorrerò la Via Vandelli nella sua interezza sul percorso originale del 1739 per la prima volta dopo più di duecento anni. Che per godere del tempo perso, in modo da spenderlo a goderne e scrivere e farsi impressionare dalla Via e dalla vita, ecco che c'è chi passeggierò la linea tra Modena e Massa in otto tappe di circa una ventina di chilometri: 1. Modena 2. Montale 3. San Dalmazio 4. Montecenere 5. Centocroci 6. San Pellegrino in Alpe 7. Poggio 8. Finestra Vandelli fino a Massa.

Pavullo, uno dei possibili arrivi di tappa, lungo la Via Vandelli nella mappa Parisi
Lasciandosi a me il tempo per esplorare l'inapprossimabile coincidenza della Via, il tempo per divagare senza discostarsi me, l'agio per essere pervaso me dei secoli e delle distanze, degli uomini, delle pietre, del cielo, della terra e della Via.

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AGGIORNAMENTO PRIMAVERA 2019
Il frazionamento del percorso è stato aggiornato in 7 tappe, sia partendo da Modena che da Sassuolo fino a Massa, che comprende anche il percorso escursionistico (E) oltre a quello originale settecentesco (O).
Questa proposta è raccontata in questi due post
- c'è una Via
- tutta mia la città

Tappa 1 :: Modena - Torre Maina :: 20km O / 23km E
Tappa 2 :: Torre Maina - Pavullo :: 25km O / 27km E
Tappa 3 :: Pavullo - La Santona :: 22km O / 25km E
Tappa 4 :: La Santona - San Pellegrino in Alpe :: 26km O / 26km E
Tappa 5 :: San Pellegrino in Alpe - Poggio :: 22km O / 29km E
Tappa 6 :: Poggio - Campaniletti :: 19km O / 19km E
Tappa 7 :: Campaniletti - Massa :: 17km O / 19km E + 6km mare
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Tappa 1 :: Sassuolo - Serramazzoni :: 19km O / 20km E
Tappa 2 :: Serramazzoni - Pavullo ::  12km O / 13km E

martedì 30 maggio 2017

certe notti

Qui un tempo era tutta Via Vandelli. Non più di cinquanta anni fa c'era una strada stretta di campagna e i campi e l'erba e le case di pietra coi contadini dall'alba al tramonto. C'era la Via Vandelli, che nella foto prende a destra. Poi è arrivata la Nuova Estense, che devia a sinistra, col traffico pesante e le passioni veloci. Ma ora, stanotte, mi rimane la notte, una luce tralasciata da Magritte e la leggenda della Via Nuova per la Garfagnana.

La Via Vandelli tra Colombaro e Pozza
«Certe notti la strada non conta e quello che conta è sentire che vai»

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domenica 28 maggio 2017

giocare bere il vino sputtanarsi

«Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione, chi perché stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore...»

manmano che ho fatto i miei sopralluoghi sulla Via Vandelli ha iniziato a prodursi una singolare coincidenza di immagini sovrapposte.
nella mia rètina erano impresse le foto che ho lungamente guardato e studiato con passione sui libri anni '80 dell'Artioli, che ho in casa da quando mio nonno li ha portati a casa freschi di stampa. immagini vecchie solo di trentanni, ma che per trentanni si sono sedimentate: fotografie con i crinali innevati, con i paesi sommersi, con gli oratori isolati, con le torri innalzate, con le tortuose curve delle Apuane, con i selciati antichi stesi fino al mare.
e mentre cammino, sopralluogo dopo sopralluogo, rivedo gli stessi luoghi, trentanni dopo. il primo che ho riconosciuto è stata la scoscesa salita vista dall'imbocco del Malandrone, che dal Rio Torto risale verso Pavullo. e lì ho riconosciuto la frana che tutto dilava, ma in trentanni ho visto che la collina si è rimboschita, perché il tempo passa e perché le colline e montagne vengono abbandonate dalle coltivazioni.
poi ho visto e riconosciuto il filare di querce che accompagna la strada selciata a Cà Usercia, che adesso si chiama Cà Bosi. Da nessuna parte si vedono resti dei pozzi petroliferi di Cà Ghinelli, eppure ancora presenti e così fascinosamente immortalati alla fine degli anni '80.
ho cercato le maestà, le case, i borghi, gli scorci che erano le mie uniche tracce in Garfagnana per ritrovare il percorso originale della Via Vandelli. e alcuni li ho ritrovati, altri li ho immaginati.

La Via Vandelli presso il Rio Torto
La Via Vandelli presso Cà Bosi











le emergenze che però mi hanno colpito di più sono state le trasformazioni delle osterie, delle locande e delle stazioni di posta.
tralascerò l'osteria del Cantone di Mugnano, appena fuori Modena, accennando solo al fatto che in trentanni si è trasformata da ristorante ancora attivo a casa murata con le finestre chiuse da assi di legno inchiodate. l'autostrada del sole ha schiacciato il Cantone in una presa mortale.
dirò di tre osterie, o stazioni di posta invece. perché queste infrastrutture sono una delle caratteristiche che rendono unica ed esemplare la Via Vandelli: Domenico Vandelli non ha progettato solo una strada per il Duca Francesco III d'Este, ma ha progettato una vera e propria infrastruttura, un asse attrezzato, dotato di tutti i servizi necessari al viaggiatore: osterie per il vitto, locande per l'alloggio, poste per il rifornimento e il cambio cavalli. e tutto questo per la prima volta, dopo secoli in cui l'umanità si era limitata a tracciare sentieri e percorsi da pastori o pellegrini: potenza dell'illuminista intelletto umano!
dirò di Fabbrica, la locanda sopra Pievepelago che lo stesso Francesco III loda «per essere grande, ben disposta, e meglio eseguita». Nelle foto degli anni '80 appare distrutta, un rudere, muri al limite del crollo. Eppure al suo interno nascondeva la stanza del duca, camini con gli stemmi estensi e altre meraviglie. meraviglia trovarla invece trentanni dopo perfettamente ristrutturata, ospitare abitazioni e probabilmente un punto ristoro: come duecentocionquantaepiù anni fa!

la Fabbrica di Pievepelago, locanda sulla Via Vandelli

appena disceso il confine tra l'Emilia e la Toscana, invece, siede sulla costa di monte di fronte a Chiozza, l'osteria della Bettola. la foto contenuta nei libri dell'Artioli degli anni '80 è una delle più romantiche: con un'anziana signora appoggiata alla tipica porta su due piani da osteria, che ancora protegge l'antico retaggio d'accoglienza, antico duecentoepiù anni. quando ci sono passato all'inizio di questa primavera, mentre passoapasso ricalcavo il percorso antico della Via Vandelli nello scendere da San Pellegrino in Alpe, a stento l'ho riconosciuta. o meglio, l'ho riconosciuta subito, ma lo stato mi ha provocato un sussulto: macerie e alberi cresciuti dentro le stanze ora a cielo aperto, ma inequivocabilmente l'insegna della bettola ancora ammiccante e inequivocabile. della vecchia, nessuna traccia, solo io.

l'antica osteria della Bettola sulla Via Vandelli

e infine dirò della capanna d'abrì, che accoglie i viaggiatori all'imbocco della valle d'Arnetola, lasciatosi alle spalle il paese di Vagli sopra, quando il cuore si spaura davanti alle bianche e impervie creste Apuane. anche l'antico nostro progettista dev'essersi spaurito e ha costellato la salita verso la Tambura di ripari per il viaggiatore. ecco, la capanna d'abrì, l'antico casone d'Arnetola, sta lì, duecentocinquantaepiù anni fa, come trenta anni fa, come oggi: grigio, sotto un masso ugualmente grigio, con una porta piccola che altro non è che l'imbocco verso il nero ventre che cova ancora per qualche minuto od ora il viaggiatore che si senta sovrastato. ora come allora.

il casone d'Arnetola, capanna d'abrì, sulla Via Vandelli
in questo giro di osterie, locande e poste, distrutte, rinate o ancora salde, sotto la pelle fredda della pietra e dei secoli, appoggiando una mano agli infissi di legno, appoggiando la schiena ai muri antichi, appoggiando la fronte alle vite degli uomini ancora si può sentire il suono dei bicchieri che brindano tra viaggiatori sconosciuti, il crepitare del fuoco che scalda dal rigido inverno, i brividi di chi dorme febbricitante per la fatica o il freddo, la speranza di chi viaggia e si muove e muta e trasforma il mondo.


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sabato 6 maggio 2017

ViVa!

la strada Via Vandelli da Modena a Massa ha un logo: evViVa!

il logo della Via Vandelli: ViVa!
grazie alla professionalità di Silvia e alle idee messe in comune è nato il simbolo della strada.
una linea un poco pianura ma che pian piano diventa colline per innalzarsi fino ai passi più alti dell'appennino tosco emiliano e delle alpi apuane.  percorsa in un verso e nell'altro da uomini e donne, percorsa da secoli, dalla pianura al mare, mirabilia dell'ingegno umano.
magari finirà su adesivi, magliette, gadget, timbri, cartelli stradali... chissà...
per ora posso solo dire:
viva la Via Vandelli perché è viva, perché vi va di percorrerla con me, perché viva ancora altri secoli di piedi che la calpestano: evviva la VIa VAndelli!

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venerdì 28 aprile 2017

chissà se aspetti me


«mentre tu chissà se aspetti me, mentre qui l'asfalto che si scioglie brucia i tacchi alle mie scarpe: sono a terra, senza un soldo, chissà mai se arriverò da te»

la Via Vandelli è una via o è una strada?
meglio rispondere subito: è, senza tema di smentita, una strada.
meglio chiarire subito: per me è, senza nascondere sentimentalismi, la strada.
c'è differenza tra una via e una strada; e quando la differenza è etimologica, è una bella differenza. per farla breve, la via è un qualsiasi tratto di terreno su cui avviene il transito, la via strata è una via che è stata lastricata. infatti il termine latino strata è il participio passato del verbo sternĕre che vuol dire "stendere a terra" cioè rendere piano o stendere uno strato.
ciò basti a dissipare ogni dubbio sul fatto che la Via Vandelli sia effettivamente una strada e non solo una via.
la Via Vandelli ben lastricata nei pressi della Serra della Luminaria
perché penso, viappiù, che la Via Vandelli non sia solo una strada ma addirittura la strada?
perché all'inizio del '700 strade non ne erano state progettate dal tempo dell'impero romano. il territorio era coperto di vie, cioè di cammini, tratturi, sentieri, percorsi fatti di terra e fango, sudore e fatica, uomini e animali che si spostavano da un luogo all'altro utilizzando vie di comunicazione aperte schiacciando con i piedi il suolo e macinandone le erbe e le roccie per far emergere una linea sgombra da troppi impedimenti.
e nel 1738 arriva l'illuminsmo anche nella viabilità. un sovrano illuminato capisce che è il tempo nuovamente di tracciare sul territorio vie e di lastricarle, di stendere uno strato di sassi e pietre ben livellate e assicurate tra di loro per permettere una comunicazione più rapida e sicura all'interno del suo ducato. e un ingegnere matematico ha l'esperienza negli occhi del suo territorio di morbide colline argillose e al contempo le conoscenze scientifiche per triangolare quelle colline e trovare la linea di crinale su cui allineare quel lastricato. il sovrano chiede una strada larga, con poche e dolci curve ancora più larghe, selciata, percorribile durante tutte le stagioni, che necessiti di poca manutenzione e che sia sicura, percorribile in carrozza. e il suo progettista gli costruisce, per la prima volta dopo il medio evo, una strada che assecondi tutti i suoi requisiti: la Via Vandelli, la prima strada d'Italia e d'Europa, progettata realizzata e manutenuta secondo moderni criteri di agibilità, sicurezza, velocità e disponibilità di servizi. da Modena a Massa una striscia di ciotoli, pietre e lastre, che rapidamente sale sul crinale, evitando così movimentazione di terreno, rendendo facile la sistemazione dopo gli smottamenti, che non serpeggia scendendo e salendo i pendii a ripetizione, fornita di osterie e locande e poste per rifocillarsi e alloggiare e cambiare i cavalli, assicurata con muri di contenimento, parapetti e canaline di scolo.
nella mappa del 1746 di Domenico Vandelli compare la Strada nuova
un'opera immane e un'opera prima, una strada che apre il secolo dei lumi. per questo è ancora più strabiliante che questa strada non sia ancora stata catturata nella rete dei cammini per escursioniti che si arricchisce di giorno in giorno e che è sempre più alla moda. ma per rimediare ci sono io.
si capisce che non rientri nei percorsi escursionistici proprio perché è una strada, e non una via. e quindi è stata, è  e sarà una strada carrozzobile, percorsa non solo da escursionisti a piedi, ma da molti altri divoratori di strade. i mountainbiker golosi di sterrati e dislivelli, i motocrossari che si abbuffano di impervi tracciati nei boschi sparando fango e sassi, i jeeponari che si ingozzano di strade da distruggere con le larghe ruote scavando fossi, gli automobilisti che mandano a gargarozzo le strade di montagna, i camionisti che a grandi bocconi percorrono le statali a folli velocità. perché la Via Vandelli è stata in grande parte una strada di successo e quindi molte strade successive, più moderne e ancora più razionali, ne hanno ricalcato svariati tratti: è quindi una statale, una via provinciale o comunale, una larga carreggiata per i montanari, un sentiero cai, un sentiero infestato da rovi da riscoprire, un prato dove o addirittura una proprietà privata dove con protervia sono stati cavati le pietre e i sassi dello strato steso lastricato, poi arato e recintata una porzione di territorio che era la strada.
la Via Vandelli lungo la discesa da San Pellegrino in Alpe, affiancata dal suo muro di contenimento
ma infine la Via Vandelli è la strada del mio cuore perché su quella strada ci sono nato, cresciuto, imparato ad andare in bicicletta, vissuto le colonie estive della fabbrica, dato i primi baci e anche altri dopo, è la strada stampata sui libri che mio nonno portava a casa dalla tipografia, in una casa al limitare della Via Vandelli imparato a stampare foto e a guardare il profilo delle montagne di notte, è sulla Via Vandelli che ho visto per l'ultima volta il più grande scalatore di sempre, il Pirata, alzarsi faticosamente sui pedali per affrontare le ultime rampe dell'Alpe del San Pellegrino.
per questo, per me, la Via è una.

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mercoledì 5 aprile 2017

dritto fino al mattino

«questo è il cammino e poi dritto fino al mattino poi la strada la trovi da te»

è vicino, è a pochi passi, è sapore famigliare eppure rimane irraggiungibile: il percorso originale della Via Vandelli nel tratto da Borra a La Santona.
c'era fango, c'è stata neve, ci sono crochi come sipario. eppure la Via rimane incerta.
la Via Vandelli sopra Borra: l'ultimo tratto di percorso certo
Ero già stato lo scorso autunno a passeggiare tra Borra e La Santona, cercando di capire con i miei piedi dove passasse la Via Vandelli nel 1739. Avevo affondato i piedi tra fango e prati umidi, levando lo sguardo alle chiome spoglie dei boschi del Duca, ma i miei dubbi erano solo stati alimentati.
la Via Vandelli procede umida e deturpata nel bosco della Fignola
È difficile raccapezzarsi sui declivi di un monte chiaramente trasformato dall'uomo, in cui strade lastricate sono state aperte più volte negli ultimi secoli, i sentieri di terra battuta si sono moltiplicati, le vie municipali hanno intersecato e deviato quelle ducali, e in cui i contadini e montanari hanno pervicacemente occultato il tracciato della Via per poter arare, coltivare, pascolare, vivere indisturbati. E lo diceva già Domenico Vandelli, nelle relazioni per il Duca, dei villici che tagliavano la Via con fossi o che facevano cadere massi per confondere il cammino. Così tra Cà Don Carlo, San Rio, la Serra della Luminaria e il Grotto della Santona la Via è confusa, dispersa, mistificata, negata, spostata, intollerata.
Non aiutano i cartelli dei sentieri, che indicano direzioni sbagliate... o forse giuste ma contradditorie, contraddittorie tra di loro e con i documenti storici. Forse aiutano e ancora non l'ho capito.
i cartelli che indicano la Via Vandelli nel bosco della Fignola
Non aiutano i consigli delle persone interpellate, che si rifanno a detti popolari, a tradizioni ottocentesche, a comodi tracciati, a servitù di passaggio contese tra il Duca e il popolo:

Sent: Tuesday, November 29, 2016 3:58 PM
Subject: Re: Fw: Via Vandelli
da Cà Don Carlo la Via Vandelli prosegue parallelamente a monte della via Giardini fino ad intersecare la strada che da Borra alta porta a casa Maioncello.La attraversa e prosegue fino al residence Selva dei Pini (piu o meno lo fiancheggia nella parte a nord).Quindi, parallela piu o meno alla Giardini arriva alla località "Le Baracche". Da qui arriva a La Santona con tracciato coincidente a quello della Giardini.

O forse anche questi consigli aiutano e ancora non l'ho capito. Certo questi consigli contraddicono i cartelli apposti dalla comunità del Frignano. Vabeh.

Non aiutano le antiche mappe. A partire da quella di Domenico Vandelli stesso del 1746, che forse manca di dettaglio, ma certo mostra la Via come una linea dritta con ben poche incertezze e curve tra Lama Mocogno e Barigazzo.
la Via Vandelli tra Lama e Barigazzo nella mappa del 1746
Nemmeno le mappe dell'800 in cui, già nella mappa del 1821, dopo Borra dalla via Giardini segnata in rosso si stacca un intrico di vie segnate in giallo che portano a La Santona, ricongiungendosi a varie altezze alla via Giardini: alla curva delle Baracche, alla Fignola, direttamente a La Santona. Ognuna di queste alternative corrisponde a un percorso proposto da qualcuno anche oggi come quello originale della Via Vandelli. Qualche confusa speranza in più la offre la carta storica regionale del 1853, in cui il reticolo è meno intricato e appaiono linee tratteggiate, vie distaccate dalla via Giardini poco dopo la Santoncina che si ricongiungono viavia: ma dove? Alle Baracche? O direttamente a La Santona? E La Fignola, che fine fa? Non era toccata dalla Via Vandelli? Almeno sembra escluso il passaggio per Casa Maioncello. Forse. Forse queste mappe aiutano e devo solo convicermene.



Ma all'archivio di stato di Modena conservano le mappe catastali di inizio '900, ho scoperto, così ho iniziato una piccola ricerca andora da conludere, visti i tempi biblici della burocrazia per consultare le mappe. Sono però riuscito a scorgere almeno una mappa d'unione del comune di Lama Mocogno, dove appaiono però in tutta la loro devastante coerenza i percorsi alternativi alla Via Vandelli, quelli imposti dagli uomini che hanno deviato il corso della Via dai loro terreni e dai loro pensieri.
mappa catastale del comune di Lama, con qualche anonima correzione a matita
Ma straordinari per me sono quei tre tratti a matita, che qualcunaltro prima di me ha lasciato, uno verso La Serra, uno dopo La Santoncina, e il più appassionante di tutti proprio dopo Cà don Carlo, quei tre tratti con una freccia puntata verso l'alto, come a dire: no, la Via non passava di qui, ma un po' più sopra.
Così anche questa mappa non aiuta. Anzi, aiuta moltissimo, a sapere che altri ricercatori nel passato hanno avuto i miei stessi problemi e perpelessità: i predatori della Via perduta.

E così, da predatore, sono tornato alla caccia della Via, nuovamente coi miei quali segugi: e l'usta della Via ci ha guidato, piante dei piedi come nasi di veltri, occhi puntati a calcolare pendenze e tracciare spartiacque. Così siamo riusciti a trovare le dritta vestigia di muri a secco, proprio dove il monte scende a destra e a sinistra, abbiamo percorso versanti destri e sinistri, siamo scesi fino alla casa della Fignola e risaliti alla curva delle Baracche.
vestigia di muri a secco che percorrono un crinale prima della selva dei pini: la Vandelli

le case de La Fignola: erano toccate dalla Vandelli?
Ora le nostra membra hanno assorbito il territorio, le isoipse incorciate sulle mappe si sono fatte fatica e sudore, i bivi di linee scolorite o tratteggiate sono diventati impercorribili dirupi o boschi impenetrabili. Nonostante la soluzione non sia arrivata ancora, il corpo interiorizzerà la terra e un barlume di Via, chissà, forse riemergerà sulla pelle.
Nel frattempo, rimane la traccia del percorso fatto, così se qualcuno esplorandolo vorrà darmi un contributo, sarà più facile pensarci potendo percorrere le immagini del satellite e una sottile linea rossa.


È difficile trovare sollievo dai tormenti di questro intrico di storia uomini e strade. Ma un po' di ristoro lo trovo nel curiosare tra le rare speci floreali che si annidano tra il bosco della Fignola e il Sasso Tignoso e che quindi potrò ammirare passeggiando sulla desideratissima Via Vandelli:

la Via Vandelli coperta di fiori primaverili si inerpica sul crinale, dopo Cà Don Carlo
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giovedì 23 marzo 2017

possibili percorsi

«i libri, possibili percorsi, le mappe, le memorie, l’aiuto degli altri, s’alzano gli occhi al cielo»

finalmente, come chi raggiunge, sono stato alla Biblioteca Estense a cercare due dei documenti che più mi hanno intrigato durante questa ricerca:

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Questi due libri sono spesso citati come l'unica fonte letteraria che parli della Via Vandelli nell'800: un periodo in cui mi immagino che l'uso della Via Vandelli come strada principale fosse ormai decaduto, ma ancora la meomria del percorso fosse vivida e che venisse usata molto più di ora per i trasferimenti delle genti di montagna.
Entro in biblioteca, faccio la mia richiesta, sbrigo un po' di burocrazia e di incredulità, mi siedo tra i tavoli dove pochi govani studiano e altrettanto pochi adulti sfogliano per ricerche altrettanto immaginarie che la mia, immagino.
Finalmente ho i libri sul tavolo, Il Montanaro in una ristampa anastatica e L'Appennino Modenese in originale: non nascondo che l'emozione fosse soverchiata dalla curiosità di leggere cosa gli antichi scrivessero della Via Vandelli.

L'incipit dedicato alla Via Vandelli, all'interno de L'Appennino Modenese descritto e illustrato 
Inizio da L'Appennino Modenense, al cui interno A.Ferrari dedica un intero capitolo alla viabilità dell'appennino e ovviamente una lunga parte alla Via Vandelli. E' bello leggere come forse per la prima volta viene descritta la nascita della Via Vandelli, in un modo che rimane praticamente immutato da un libro dell'800 fino a Wikipedia, passando per i libri stampati a fine del secolo scorso e i siti web di escursionisti.
Essendo egli (Francesco III, ndr) riuscito ad annettere il ducato di Massa-Carrara ai propri stati mercè il matrimonio [...], allo scopo di mettersi in comunicazione diretta e comoda con quelle lontane provincie, ordinò l'apertura d'una strada che unisse le capitali dei due dominii.
Poi il Ferrari passa a descrivere il primo percorso del 1738, quello che ricalca la via Bibulca e subito dopo quello del 1739 che parte dalla valle del Tiepido.
Tra le ammirevoli pagine ho selezionato alcuni brani che mi hanno conquistato, alcuni per l'orgoglio che mi suscita lo stare ricostruendo il percorso della prima strada illuminista d'Europa.
Tanto nell'andata che nel ritorno il Duca mostrò la più viva soddisfazione «per essere grande, ben disposta, e meglio eseguita» la nuova osteria sopra S.Andreapelago«la strada in una situazione ancor al di là della sua aspettativa» e si mostrò molto contento dello zelo e dell'attività del suo matematico Vandelli.
Oppure perché raccontano delle vicende storiche che ho tanto rigirato, come la guerra di successione asburgica, che ha fermato per 10 anni i lavori della Via Vandelli.
Nel 1751 il piano stradale venne allargato, si raddrizzarono le più gravi pendenze, si eressero muri di sostegno e furono costruite nuove fabbriche ed amliate le preesistenti. Molti ingegneri e gran numero d'uomini vi lavorarono anche nei giorni festivi.
Oppure, infine, perché vi ho riconosciuto i semi di quelle dicerie, per me ingenerose, di fallimento del progetto della Via Vandelli.
Ma gli sforzi del Duca e del suo governo [...] non valsero ad accreditare la nuova strada [...] svolgentesi con mille tortuosissimi serpeggiamenti e con enormi pendenze sul cacume deserto ed inospitale delle nostre montagne; bersaglio di venti impetuosi e di letali bufere, minata nella saldezza e nella continuità...
È per me incredibile constatare come queste parole, quasi come fossero state mandate a memoria da un popolo italico pronto alla critica e invidioso della ragione, questi esatti motivi vengono ripetuti ancora oggi non appena qualcuno chiede notizie sulla Via Vandelli: pendenze, inverni rigidi, frane...

L'indice del periodico ottocentesco di Pievepelago Il Montanaro
Minor fortuna ho avuto con Il Montanaro, in quanto, pur avendo tra le mani la collezione di tutti i numeri usciti nei sette anni in cui è stato edito, non sono riuscito a trovare, con il poco tempo a disposizione, informazioni utili sulla Via Vandelli.
Daltraparte mi sono eccessivamente dilettato a leggere meravigliosi articoli di vita quotidiana dell'appennino nell'ottocento, di cui potete avere un'idea dalla prima pagina dell'indice di una delle annate. È impossibile non perdersi nella descrizione delle fantastiche trote del lago Santo, o incuriosirsi sulla osservanza del II e III comandamento di dio a Riolunato, non appassionarsi alla botta e risposta tra redattori e lettori, o finire col chiedersi se i lombrichi siano amici o nemici dell'agricoltura.
Per lasciarvi con la curiosità in bocca, non posso che regalarvi l'inizio di una meravigliosa cronaca di una mirabolante partita di ruzzolone tra Pievepelago e Barigazzo e con la dimostrazione scientifica, perché anche oggi ce n'è urgente bisogno, dell'eliocentrismo. Che l'alba sorga sulla Via! Ma schivate le ruzzole arrembanti...





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