domenica 11 giugno 2017

Tappa tre

Oggi parto da San Dalmazio, è raggiungo in fretta la discesa del Malandrone verso il Rio Torto: sto bene e le orde di ciclisti mi dispongono. La discesa al Rio Torto è di quelle che spiegano la Vandelli: si tratta di un campo appena falciato perché qui la strada è completamente sparita. E infatti per renderle onore si aggrega mio fratello. Per poi risalire lungo un tratturo di argilla tra le frane, a seguire dolci crinali fatti di strade comunali. E mentre camminiamo ci interroghiamo sul grande viadotto della strada statale, che non permette alla gente di subire e capire la terra.
Si arriva nel punto in cui tre Via Vandelli convergono: quella da Modena, quella da Sassuolo e quella per Massa: non può che essere un crocicchio magico.
Ma da lì in avanti la Vandelli è sommersa dalla Giardini e soffoca sotto il peso del traffico arrogante e pretenzioso della domenica. Mi salvano le soste perfette: una al lago della Chiozzola tra le grigliate, una  Pavullo da una barista accogliente e petulante, una all'oratorio di Pratolino nel mezzo di una lite famigliare. Per il resto sono macchine che tagliano le curve e moto in pista, ma io gli pianto il mio bastone contro a scacciarle demoni quali sono. Ma c'è anche la mole del castello di Montecuccolo che guardia dall'alto, il centro petroso e combattivo di Montecenere, i prati di farfalle colorati e spighe dorate al tramonto. Prima del caro approdo da Grazia e Riccardo e la loro profusione di tigelle.
Ma soprattutto c'è: "Fermati pellegrino, cosa fai? Stai calpestando il suolo sacro della Vandelli, tu lo sai?"

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