«Capitano che hai negli occhi il tuo nobile destino pensi mai al marinaio a cui manca pane e vino?»
Ierilaltro, primo marzo, era il compleanno di Domenico Vandelli: ingengnere, matematico, cartografo, abate, antiquario, architetto, archeologo, passeggiatore. Di 326 anni.Scorrendo Wikipedia si legge, lapidariamente: Levizzano Rangone, 1º marzo 1691 – Modena, 21 luglio 1754.
E così ierilalatra notte ho risalito uno degli spartiacque pedecollinari per inquadrare in un solo scatto Levizzano in primo piano, il Santuario di Puianello sullo sfondo, la netta curva della Via Vandelli nei pressi delle Salse di Puianello appena a destra del santuario, il cielo stellato sopra di me e infine la legge morale in disparte. La foto l'ha scattata il ben più sgamato Daniele.
Levizzano, paese natale del Vandelli. Sullo sfondo: Puianello e la Via Vandelli. Foto di Daniele Ferrari. |
ortofoto di Levizzano del 1954 |
ortofoto di Levizzano del 2011 |
Me lo immagino in un qualche modo giovane e puberale indossare abiti castigati per studiare da gesuita, che per studiare bisogna farsi prete, e se sei di famiglia nobile bisogna studiare. Me lo immagino applicarsi ignaro del suo futuro, come chi muove i primi passi lungo una strada, con una meta ma inevitabilmente in balìa del destino.
Immagino un uomo della nostra terra emiliana, con la parlata infinitamente galla, dalle vocali lunghe e sospese. Un uomo pratico che ha visto lavorare la terra e uccidere il maiale, che sa che la miseria spezza la schiena.
Me lo immagino imparare la scienza, farsi guidare dalla ragione, conoscere il mondo con l'esperienza, indagare portando luce: me lo immagino un illuminista.
Ma so che Domenico Vandelli è stato anche un abate e un cortigiano, un uomo tormentato fino alla morte improvvisa.
Lo vedo, in questa notte con le luci della pianura alle spalle, avvolgersi in un tabarro e camminare lungo i crinali di una terra argillosa, esplorare ogni spartiacque tra il Secchia e il Panaro alla ricerca del crinale migliore in cui far passare la via nuova verso la Garfagnana. Lo immagino nei boschi, solo e determinato, tra il fango o tra le razze, lungo i più di venti chiolmetri sopra i 1300 che collegano Lama con i passi verso la Toscana. Lo so che si è fermato, sguardo alto, fronte corrugata, proprio sul crinale, dove oggi passa lo 00, a soppesare il passo migliore in cui far passare le carrozze e gli eserciti del duca. I suoi passi sicuri, tornare dove secoli prima era stato governatore Ludovico Ariosto, in Garfagnana, seguirne i fiumi, scervellarsi per trovare una via di uscita dalla valle del Serchio, con una stretta lingua di terra Estense che lo obbligava ad affrontare i giganti Apuani, scendere affannosamente come un relitto in vista della spiaggia verso il mare e Massa.
Così, lo percepisco frusciare nel tabarro anche stanotte, mentre torna a casa, nel suo paese natìo, e odo che ancora biascica parole amare contro il Colombini e si cruccia della sua più mirabile invenzione, le isoipse, disegnate per la prima volta nella storia dell'umanità proprio da lui su una carta topografica, quella del 1746 per gli stati del serenissimo signor duca in italia.
Le isoipse, create per la necessità di tracciare con umana ragione mirabile la Via Vandelli, arrampicarsi, inarcarsi, zigzagare e slanciarsi tra montagne d'argilla e marmo, da una pianura madida di umidità fino al mare.
Poi respiro. E la notte sempre uguale mi inebria con l'odore della polvere sempre uguale della strada e dei sogni. Mutevoli.
www.viavandelli.com #viavandelli @viavandelli
Nessun commento:
Posta un commento